Col bèl no se magna: storia e memoria dell'alimentazione in ambiente alpino

, Col bèl no se magna: storia e memoria dell’alimentazione in ambiente alpino

Dal: 03 Giugno 2012

Al: 30 Settembre 2012

La nuova mostra che il Parco di Paneveggio ha allestito negli spazi di Villa Welsperg riprende gli esiti di una ricerca avviata sul territorio qualche anno fa: “Sapori Saperi, storia e memoria dell’alimentazione a Primiero”, promossa nel 2003 da Comprensorio, Caseificio, Parco con la collaborazione del Museo storico in Trento.
È una filiazione che va ricordata: le oltre cento interviste realizzate in quegli anni, la ricognizione sistematica degli archivi comunali, la raccolta di decine di documenti e di ricettari manoscritti, il censimento e la schedatura di oltre mille fotografie costituiscono il ricco materiale da cui la mostra prende le mosse. Possiamo dire che la mostra si propone come una sintesi di quella ricerca, con una ambizione maggiore: fare del territorio, così a lungo e minuziosamente indagato, un caso di studio in grado di illustrare le caratteristiche più generali dell’alimentazione di montagna.
La “verticalità territoriale” messa in mostra è dunque quella delle valli del Cismon e del Vanoi, in un tempo lungo un secolo e più, dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni del miracolo economico, durante il quale si consuma una parabola che porta l’alimentazione a fare a meno del territorio circostante.
La mostra si presenta come un racconto, un percorso, una messa in scena.
Il fondale della mostra è lo spazio, l’ambiente, i luoghi (dal paese di fondovalle, alle baite di mezza quota, ai pascoli di alta montagna) dove il cibo era prodotto e consumato. Una mappa altimetrica segnala le coltivazioni che si estendevano intorno ai paesi, la zona del bosco ampiamente frequentata da parte di boscaioli e carbonai, ma anche da raccoglitori di piccoli frutti e da cacciatori; i pascoli adibiti alla fienagione; le malghe, infine, al centro di un pascolo ricco d’acqua.
Dopo lo spazio, il tempo ciclico delle stagioni, il calendario agricolo e quello rituale costituiscono il ritmo e il respiro del racconto. Il calendario scandisce le attività e i momenti di festa, i tempi delle semine, della cura dei campi e del pascolo primaverile, dell’alpeggio e della fienagione, delle raccolte, dell’uccisione del maiale. Gli stessi alimenti devono soggiacere alla ferrea legge del tempo: ci sono quelli che vanno consumati subito, quelli che si conservano, quelli che vanno lavorati per durare.
Ma di quando in quando al tempo delle stagioni si sostituisce il tempo storico a turbarlo, ad accelerarlo o ad annullarne l’importanza, come nel caso delle chiusure frontaliere, delle politiche commerciali, delle guerre. I conflitti del Novecento, in particolare, con le requisizioni di animali e di derrate alimentari e con le devastazioni del territorio rompono un equilibrio già fragile e sempre minacciato dai fenomeni naturali, introducendo nuove forme di privazioni.
Terzo capitolo del racconto, lo scambio dei prodotti, la loro commercializzazione, il loro consumo interno o la loro vendita. Rispetto alla pianura, i territori di montagna soffrivano di un’endemica penuria alimentare, che veniva contrastata da una fitta rete di scambi di prodotti, che si svolgeva perlopiù all’interno delle vallate alpine, mentre solo per alcuni alimenti si rivolgeva verso l’esterno. I pochi prodotti che si dovevano necessariamente importare (sale, vino, zucchero…) giungevano in prevalenza dalla pianura veneta. Lo snodo mediterraneo di Venezia era anche la destinazione finale del burro di Primiero che, insieme al formaggio di malga, era l’unico prodotto agroalimentare d’esportazione.
Lo scambio di saperi rispetto al cibo e alla sua preparazione è il quarto capitolo del racconto: emerge qui la cucina “orale”, quella quotidiana, trasmessa di generazione in generazione attraverso il “saper fare”, l’esempio, i gesti, la parola; che, in tempi successivi, viene affiancata dalla cucina “scritta”, formalizzata nelle ricette e nei ricettari manoscritti che le donne di casa conservano e si tramandano. È questa una cucina più esotica che spesso giunge dall’esterno (dai luoghi dell’emigrazione temporanea) o proviene direttamente da ricettari a stampa o è il risultato di corsi scolastici e di formazione. 
Il percorso della mostra termina nel momento in cui i nuovi modi di produzione e di consumo rompono lo stretto legame che stringeva il cibo ad uno spazio e ad un tempo determinati. Cosicché in questi ultimi decenni assistiamo al netto distacco tra territorio e alimentazione e tra consumi e stagionalità; ma nondimeno siamo assediati dalla nostalgia per un tempo perduto e già mitico.
I capitoli sono interrotti da finestre che si aprono ad approfondimenti tematici: storie sul mais, le patate, il maiale, il latte e il miele. In ultimo, a legare tutto con un filo rosso si stendono i proverbi che a modo loro ripercorrono i temi della fame, della festa, dei sapori, degli scambi.

Mostra realizzata da
Ente Parco Paneveggio – Pale di San Martino
Fondazione Museo storico del Trentino

in collaborazione con
Comunità di Primiero
Condotta locale di Sloww Food

Mostra ideata da
Quinto Antonelli

con il prezioso aiuto di
Gianfranco Bettega, Filippo Gratton e Angelo Longo

Allestimento e realizzazione grafica
Cristina Zorzi

Supporto tecnico
Vittorio Ducoli, Elena Luise, Carlo Albino Turra

Illustrazioni
Nicola Degiampietro

Testi
Quinto Antonelli, Gianfranco Bettega, Filippo Gratton e Angelo Longo

Foto
Carlo Albino Turra, Apt Primiero

Filmati
Filippo Gratton
"En pizec de sal" di Angelo Longo e Michele Corona

Realizzazione strutture e montaggio
Renzo De Bertolis e Ferruccio Pistoia

Stampa
Serigrafia S2Print, Mezzocorona (TN)

Credits

 
si ringraziano

Informazioni

Luogo
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