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Periodico cartaceo
AltreStorie n. 46
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Anno: 2015
Pagine: 47
ISBN: 12364
Periodico cartaceo
AltreStorie n. 46
Descrizione
Indice
Nessuna lingua è straniera
Lingue nazionali e lingue internazionali delle scienze (1500-1840)
,
di Renato G. Mazzolini
«Nel mondo occidentale la lingua inglese è divenuta dominante nella comunicazione scientifica, come nelle transazioni economiche, solo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Ma non è sempre stato così. Il ruolo rilevante di lingua comune a medici, naturalisti e scienziati è stato assunto in Europa a partire dalla fine del Quattrocento da altre lingue: dal latino fino a metà Settecento, dal francese a cavallo tra Sette e Ottocento e poi, per un periodo minore, dal tedesco tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e la fine della prima guerra mondiale. [...]».
Noi, voi, loro: questioni di lingua e comunicazione culturale
,
di Marta Villa
«La questione della lingua nelle scienze umane è stata affrontata già a partire dalla seconda metà del XIX secolo attraverso le riflessioni di Ferdinand de Saussure, che è stato definito il padre della linguistica moderna. Utilizzando un approccio metodologico strutturalista, il filosofo ginevrino si oppose con i suoi testi alla sistematizzazione operata dai neogrammatici a proposito delle vocali nel linguaggio indoeuropeo, dando così vita a un dibattito importante, che coinvolse studiosi di discipline differenti. Nelle sue lezioni all’Università di Ginevra ha delineato i principi teorici dell’analisi strutturale della lingua: la lingua presenta due facce della medesima medaglia, il suono e l’idea, il lato individuale e quello collettivo, la storicità e la sistematicità e non è possibile trovare un punto di vista unico per cogliere le due facce del fenomeno. L’uso che ogni società fa della sua lingua è vitale per essa stessa: da questo deriva sia la stabilità della lingua sia la sua mutevolezza. [...]».
Cmq ti scrivo asap: alla scoperta di come scriviamo e “parliamo” su internet
,
di Alice Manfredi
«Il discorso pubblico sulla crisi greca e sul modo in cui l’Europa ha deciso di affrontarlo non può essere studiato senza guardare agli
Hashtag
. Queste paroline scritte tutte attaccate e precedute dal simbolo # (cancelletto) hanno infarcito i commenti e le riflessioni su quanto stava accadendo. Online, ma sempre più spesso anche sui media cosiddetti tradizionali, sono comparse espressioni come #ThisIsACoup (questo è un colpo di Stato) oppure #BoycottGermany. Certo non è la prima volta. Ogni volta che un fatto si impone all’attenzione dell’opinione pubblica, fioriscono
Hashtag
che permettono di raggruppare commenti e opinioni sul tema. Certo questo vale sia per i fatti nazionali e internazionali, sia per ciò che nella vita quotidiana è considerato arbitrariamente interessante o rilevante.La lingua degli
Hashtag
è quasi sempre l’inglese, scelta che regala la sensazione – spesso l’illusione – che il proprio messaggio possa essere letto e visto più o meno ovunque. Ma cosa sono gli
Hashtag
? Quelli che ormai sono diventati un condensato di “gergo internettiano” sono nati relativamente di recente. [...]».
Scrivere attraverso
, di Stefano Chemelli
«[...] Biografie umane e biografie letterarie raramente coincidono, aderiscono spesso con tutti i limiti di una traduzione che rimane pur sempre – nella migliore delle ipotesi – un tradimento, seppur felice.In questo senso il romanzo o il saggio dotato di straordinaria energia può diventare il terreno privilegiato della sorpresa e dello stupore, del divertimento che nulla divide con l’intrattenimento inteso come piacere di lettura persino erudito e smemorante simultaneamente. [...]».
Svevo nel paese degli “ex”: conversazione con Predrag Matvejevitch
, di Maurizio Serra
«Incontro Predrag Matvejevitch nel bar di un albergo vecchiotto e confortevole del centro di Zagabria, che sembra impregnato da tutte le atmosfere della Mitteleuropa [...]. Matvejevitch, autore di opere che fanno testo, tradotte in Francia e nel mondo intero, quali
Breviario mediterraneo
,
Epistolario dell’altra Europa
,
Il mondo “Ex”
,
L’altra Venezia
, ha deciso di tornare a casa nel 2008, dopo diciassette anni di esilio a Parigi, poi a Roma, a seguito delle intimidazioni di cui era stato oggetto sotto la dittatura di Tudjman e della sua banda di “talebani”. Da qui continua a staffilare settari e fanatici di ogni sorta, ad attaccare violentemente le “democrature” dell’Est e “l’arroganza dell’Occidente”, sempre alla ricerca di una società “un poco più socialista dal volto umano, o meno capitalista senza volto” [...]».
La lingua dell'altro: interviste con Amara Lakhous e Claudio Marazzini
, a cura di Paola Bertoldi
Amara Lakhous: «L’identità per me è legata alla lingua, ma la sua concezione è un processo aperto perché molte persone la interpretano come una gabbia: ci si chiudono dentro e si sentono protetti dalle sbarre».
Claudio Marazzini: «Fa sempre pia-cere trovare estimatori dell’italiano fra gli stranieri. Se ne contano tanti, un numero tale che quasi com-muove. Sarebbe bello se anche gli italiani imparassero ad amare la pro-pria lingua con la stessa sensibilità». [...].
Sull'insegnamento delle lingue straniere nella scuola trentina
, di Quinto Antonelli
«Fino al 1774 nelle scuole trentine si parla e si scrive esclusivamente in italiano e in latino. Nelle piccole scuole di alfabetizzazione, che a partire dai primi anni del Seicento sorgono anche nelle valli più remote del Trentino, ad opera di sacerdoti, genitori facoltosi e benefattori, l’insegnamento a pagamento graduato (religione, lettura, scrittura, aritmetica) è impartito esclusivamente in italiano. Al contrario, nelle “Scuole di grammatica”, prime forme d’istruzione superiore, che si aprono a Rovereto e a Trento nella prima metà del Quattrocento, la lingua in uso è il latino, tanto che sono comunemente note come “Scuole latine”. Anche negli istituti ginnasiali, ideati e organizzati dalla Compagnia di Gesù, che sostituiscono nel Seicento (a Trento nel 1625, a Rovereto nel 1672) le “Scuole di grammatica”, il dominio del latino è assoluto e incontrastato. Non solo si studia la grammatica e i classici latini, ma in latino i professori tengono lezione, premiano e castigano. E in latino gli allievi rispondono e dialogano in classe. [...]».
Bilinguismo in Alto Adige-Südtirol tra urgenza e minaccia: profilo retrospettivo
di una questione
,
di Giorgio Mezzalira
«L’entrata in vigore del nuovo statuto d’autonomia (1972) comportò l’introduzione di nuove norme relative all’ordinamento scolastico dell’Alto Adige-Südtirol e in materia di bilinguismo. L’impianto della scuola della provincia di Bolzano comunque non mutò rispetto al profilo che aveva assunto fin dall’immediato secondo dopoguerra; venne confermato il modello imperniato sulla madrelingua e quello paritario introdotto dal 1948 per le località ladine. Continuava a esistere una scuola in cui l’insegnamento veniva impartito rispettivamente in lingua italiana (per il gruppo di lingua italiana), in lingua tedesca (per il gruppo di lingua tedesca) e in lingua ladina, italiana e tedesca in forma paritetica (per il gruppo di lingua ladina). L’apprendimento della seconda lingua diventava una materia obbligatoria anche nelle scuole di lingua italiana (in quelle di lingua tedesca l’italiano si insegnava fin dal 1945). L’articolo 19 del nuovo statuto stabiliva che tale insegnamento potesse iniziare a partire dalla seconda o terza classe elementare, secondo proposta vincolante del gruppo linguistico interessato. [...]».
Le sfide di una scuola multiculturale: l'esempio del Progetto accoglienza
alle scuole Manzoni di Trento
,
di Elena Andreotti
«[...] Presso l’Istituto comprensivo Trento 6 “Alessandro Manzoni” è attivo da anni il Progetto intercultura, un percorso di accoglienza per alunni di madre lingua non italiana che, pur nella specificità che lo caratterizza, fa riferimento alle finalità educative a cui tutta la scuola nel suo insieme tende. Si tratta di una serie di azioni volte a: 1. favorire la crescita attraverso il confronto d’identità culturali diverse; 2. stimolare atteggiamenti di curiosità e di apertura nei confronti delle diversità culturali; 3. prevenire la formazione di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture differenti dalla propria; 4. superare il punto di vista egocentrico per porsi di fronte ai problemi da diversi punti di vista; 5. formare al confronto con gli altri; 6. creare un clima relazionale nelle classi e nella scuola favorevole al dialogo, al rispetto delle idee e dei valori delle culture altrui e nello stesso tempo al rafforzamento della propria identità culturale, valoriale e sociale nella prospettiva di un reciproco e consapevole arricchimento; 7. conoscere caratteristiche paesaggistiche, ambientali, sociali e culturali di Paesi europei ed extraeuropei. [...]».
La lingua degli Altri: Angelo Confalonieri “interprete” della preistoria
, di Rolando Pizzini
«Angelo Confalonieri nacque a Riva del Garda il 13 giugno 1813. Affrontò gli studi ginnasiali a Trento nell’Istituto che oggi ospita il liceo classico “Giovanni Prati” prima d’intraprendere la carriera ecclesiastica. Il 14 luglio 1839 fu ordinato sacerdote e celebrò la sua prima messa a Castelnuovo in Valsugana. Manifestò precocemente l’intenzione di svolgere servizio missionario in luoghi lontani e l’occasione per realizzare un simile desiderio gli fu offerta dal vescovo irlandese John Brady, che lo invitò nella sua diocesi australiana di Perth. Confalonieri giunse in Australia l’8 gennaio del 1846 assieme a un gruppo di missionari e suore di varie nazionalità. Qui, assieme a due catechisti irlandesi, James Fagan e Nicholas Hogan, fu assegnato a Port Essington nella penisola di Cobourg nel Nord del Continente. I tre partirono da Sydney per la loro destinazione a inizio aprile del 1846 ma il veliero, sul quale erano imbarcati, naufragò: molti dei passeggeri morirono e fra questi anche i due accompagnatori irlan-desi di don Angelo. Confalonieri, tratto miracolosamente in salvo, non rinunciò, tuttavia, alla sua missione. Per due anni esplorò il territorio cui era stato assegnato, visse con gli Aborigeni, ne conquistò la fiducia e ne apprese rapidamente le lingue fino a quando non morì prematura-mente il 9 giugno del 1848. [...]».
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