The Limits to Growth, reso nella versione italiana con il titolo I limiti dello sviluppo, è un testo edito nel 1972 da quattro giovani scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Donella Meadows (1941-2001), Dennis Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III, coadiuvati da un folto gruppo di ricercatori, evidenziarono nel loro studio le devastanti conseguenze indotte sul pianeta dall’incontrollata crescita delle attività umane. La verifica condotta a trent’anni di distanza dai medesimi autori confermerà la correttezza delle prime previsioni e rilancerà l’allarme sull’irreversibilità degli effetti perniciosi in atto in mancanza di un immediato e significativo cambio di marcia. Neppure il moltiplicarsi dei segnali negativi ha contribuito, tuttavia, al consolidamento diffuso di una solida coscienza su quanto stava accadendo, seppure in più contesti cominciava a prendere piede una sensibilità maggiore sui temi ambientali, promossi a materia di confronto anche all’interno dei massimi organismi mondiali.
Risale, infatti, al 1972, la Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza su “L’Ambiente Umano” tenutasi a Stoccolma fra il 5 e il 16 giugno. Nel documento finale fu affermato il principio di favorire una maggiore condivisione d’intenti e azioni per contribuire alla conservazione e al miglioramento dell’ambiente umano. Sempre nel 1972, e per la precisione, il 5 giugno, fu attivato il Programma delle Nazioni unite per l’Ambiente (UNEP) con sede a Nairobi (Kenya). L’UNEP doveva agire contro i cambiamenti climatici adoprandosi in favore della tutela dell’ambiente e dell’uso sostenibile delle risorse naturali.
In precedenza, nel 1970, era stata istituita la Giornata mondiale della terra (World Earth Day) da celebrarsi il 22 aprile e fortemente voluta da John McConnell (1915-2012), un attivista per la pace con interessi nell’ambito dell’ecologia. La Giornata della Terra trovava fondamento in un contesto socioculturale dove, più che in altri, si era presa coscienza dei rischi associati allo sviluppo industriale legato soprattutto allo sfruttamento del petrolio. Vi contribuì significativamente la fuoriuscita nel 1969 di greggio a Santa Barbara, California, che aveva causato lo sterminio di decine di migliaia di uccelli, delfini e leoni marini. Questo evento scosse profondamente l’opinione pubblica e convinse gli attivisti più attenti della necessità di una regolamentazione ambientale finalizzata a prevenire simili disastri. La Giornata mondiale della terra doveva essere uno strumento per tenere sempre accesi i riflettori su questa vera e propria emergenza planetaria.
I contributi raccolti in questo corposo numero di Altrestorie non vogliono certo ripercorrere la nascita e la progressiva evoluzione nella seconda metà del Novecento dell’impegno ambientalista; desiderano piuttosto proporre alcuni casi esemplari, non necessariamente i più noti, che hanno visto supposti interessi ‘superiori’ imporsi sulle ragioni essenziali della tutela dell’ambiente e della qualità della vita. Gli uni e gli altri rinviano ai grandi temi che animano lo sfondo delle vicende narrate e delle tante altre che formano la ricca cronologia dei disastri: da una parte i fondamenti politico-economici e socioculturali di riferimento e dall’altra le azioni promosse a tutela dell’ambiente, di volta in volta ignorate o contrastate, accolte o respinte. Un modo come un altro per ricordare, se mai ce ne fosse bisogno, di come l’attenzione prioritaria nei confronti dell’esistenza umana non possa necessariamente basarsi solo sulla logica della progressiva e continua crescita del sistema produttivo ma su una riformulazione radicale dei suoi fondamentali a salvaguardia e tutela soprattutto dei diritti delle generazioni future (rt).
Info@museo_17 (a cura di Francesca Rocchetti)