Metà del XV secolo: sulla scena europea accade qualcosa di rivoluzionario. A Magonza, Johannes Gutenberg introduce per la prima volta nella stampa l’uso dei caratteri mobili: una tecnica innovativa consistente in un parallelepipedo di acciaio, il cosiddetto punzone, sulla cui testa è inciso, in rilievo e a rovescio, un segno tipografico. Tanti punzoni costituiscono la matrice sulla cui base vengono prodotti per fusioni i caratteri. Tali caratteri composti in un vassoio a formare un testo, sono poi inchiostrati e impressi sulla carta. Sistemi di stampa analoghi con matrici di legno, caratteri mobili in argilla e quindi in legno erano già stati introdotti in Cina rispettivamente nel VI secolo, nel 1041 e nel 1298; la vera svolta sarà impressa però dall’orafo di Magonza. Il processo di stampa conoscerà ulteriori miglioramenti a partire dal secolo XIX: nel 1843 fu inventata la rotativa, la prima macchina tipografica; nel 1875 Robert Barclay inventò la tecnica di stampa offset; nel 1885 fu introdottala linotype, una macchina per la composizione tipografica molto simile per funzionamento alla macchina da scrivere; nel 1971, infine, fu sviluppata la tecnologia laser e la possibilità per chiunque di stampare autonomamente qualunque cosa di sua utilità. Tante innovazioni, per tacere delle più recenti, rivolte alla soddisfazione di una crescente domanda di informazione e di apprendimento e nella quale furono coinvolte decine e decine di migliaia di imprese editoriali in tutto il mondo. In questo numero di Altrestorie si vuole parlare proprio di queste “fabbriche” di libri, che nei cinque secoli passati hanno contribuito a coltivare e favorire la trasmissione culturale a mezzo stampa (oggi anche digitale) quale strumento fondamentale di quella crescita civile che non può porsi solo come fine teorico ma obiettivo concreto di quanti hanno a cuore il benessere della società (rt).
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