Solo un racconto autobiografico può testimoniare la tragedia dei campi di concentramento in maniera semplice, piana ma drammaticamente efficace. Gli scritti di Aldo Pantozzi ne sono un chiaro esempio: giovane insegnante a Cavalese (Tn) organizza insieme ad altri colleghi un movimento di resistenza all’occupazione nazista durante la seconda guerra mondiale. Poi l’arresto e l’ultimo tragico trasferimento da Bolzano al campo di Mauthausen. Nasce così il suo racconto autobiografico, che volutamente si concentra solo sul periodo della prigionia e sulle struggenti sofferenze subìte: il «prima» (arresto, istruttoria ecc.) non viene mai menzionato, nell’intento di dar voce ai redivivi e per ricordare i compagni scomparsi.